La Scuola Elementare, nel nostro Comune, continuò a funzionare nonostante la guerra, con una certa regolarità, specialmente agli inizi del conflitto, nel nuovo edificio scolastico, in Viale Stazione. Nei mesi successivi, i bombardamenti diurni su Taranto, mettevano in allarme i paesi della provincia, tra cui il nostro, per cui le lezioni venivano interrotte, ma si rimaneva lo stesso a scuola.Solo dopo i primi crolli di alcuni palazzi di Taranto e l’affondamento delle navi nel porto, venne consentito di allontanarsi dalla scuola appena la campana della chiesa annunziava che c’era l’allarme aereo.La paura, l’insicurezza, la mancanza di ricoveri sicuri diminuirono drasticamente la frequenza o la resero saltuaria. Intanto si riversavano nel nostro Comune gli sfollati tarantini, circa 3000, che abbandonavano la città sottoposta a continui bombardamenti, per trovare riparo presso parenti e amici; parecchi fanciulli, al loro seguito, furono iscritti per la frequenza, nella nostra scuola.Le famiglie dei contadini e dei braccianti vivevano in condizioni di miseria ed erano costrette ad avviare i ragazzi al lavoro anche quando dovevano frequentare la scuola; si viveva in case anguste, senza servizi fognari e idrici e l’igiene carente favoriva il diffondersi di malattie che si affacciavano nel periodo primaverile con regolarità inaudita, così, guerra, miseria e malattie furono, nel periodo bellico, le tristi compagne degli scolari che contribuirono all’aumento dell’evasione scolastica.La base navale di Taranto fortificata non aveva impedito agli aerei inglesi di penetrare nel Mar Grande, ritenuto molto sicuro, e di mandare a fondo tre corazzate e danneggiare un incrociatore. La notizia fece scalpore sia negli adulti, sia negli scolari che non volevano andare a scuola terrorizzati dai bombardamenti. La città fu evacuata e la gente continuò a trovare  riparo nei paesi vicini.La frequenza della Scuola Media e dei Corsi di Scuola Superiore era impossibile. La Scuola Media, non ancora obbligatoria, non aveva alcuna sezione funzionante, nel nostro Comune, né nei paesi vicini; la sede a noi più vicina era Taranto, dove la frequenza era impossibile, per i motivi su citati; non era possibile nemmeno la frequenza della Scuola Superiore.Molte famiglie, non solo di Palagiano, ma anche dei paesi vicini, furono obbligate ad avviare i propri figli agli studi, presso il Seminario della Diocesi di Castellaneta, per il conseguimento della “Licenza di Scuola Media” o del biennio del “Ginnasio”; sì che molti ragazzi, non tanto per vocazione, ma per assicurarsi una buona base di studi, affrontarono la via del Seminario, sia pure a malincuore. Era Vescovo della Diocesi di Castellaneta Mons. Francesco Potenza, da Nardò, collaborato dal Rev. don Leonardo Ventura, da Palagiano, che aveva l’incarico di rettore del Seminario diocesano.Il Vescovo non poteva assicurare ai seminaristi, oltre la frequenza scolastica e l’alloggio, gli alimenti, per cui le famiglie provvedevano al versamento di una retta modica, integrata da vettovaglie: un litro di olio, tre chili di farina e qualche chilo di legumi, al mese.Il Seminario non aveva alcun tipo di riscaldamento e, nei freddi inverni di Castellaneta, ci si riscaldava avvolti nella mantellina, specialmente durante le ore di studio.Alla fine del conflitto, parecchi abbandonarono il Seminario e si occuparono d’altro.Dei seminaristi della Diocesi, di quegli anni, giunsero al sacerdozio:don Vincenzo De Florio da Palagiano; don Leonardo Molfetta, don Fernando Maraglino, don Cosimo Damiano Fonseca, e don Giuseppe Maraglino da Massafra; don Pasquale Tamborrino da Laterza; don Gennaro Inglese da Ginosa.La domenica i genitori portavano ai seminaristi le vettovaglie e il cambio della biancheria; raggiungevano il Seminario con i carri agricoli e, in casi particolari, coi calessi, unici veicoli in grado di funzionare nel periodo della guerra.Per gli studi di Scuola Superiore, negli anni di guerra, non essendo possibile la frequenza dei Licei e degli Istituti agli studenti pendolari, si fece ricorso alle lezioni private; furono i sacerdoti locali, gli unici professori disponibili ad impartire lezioni private, di latino, greco, francese e elementi di algebra; l’apprendimento della lingua inglese era stato bandito dal Fascismo.I maestri preparavano gli alunni di 5a agli “Esami di Ammissione alla Scuola Media”, che non era obbligatoria.Diversi ragazzi frequentavano i corsi di “Allievi Operai” presso l’Arsenale militare di Taranto, per essere assunti poi come operai, ma anche questi corsi non potevano essere frequentati.Nonostante gli sforzi per l’alfabetizzazione, voluti dal Fascismo, non si ebbero i risultati sperati.Nell’anno scolastico 1943/44 funzionarono nella Scuola Elementare solo 10 classi del Corso Inferiore e 4 del Corso Superiore, per un totale di 14 classi.L’edificio scolastico Giovanni XXIII, funzionante dal 28 ottobre 1938, aveva 18 aule, ampie e soleggiate, idonee per la frequenza degli alunni. Con l’Armistizio fu requisito dalle truppe di occupazione e adibito a ospedale militare, così, la scuola vecchia di via Lenne ritornò a funzionare.Subito dopo la fine della guerra, la popolazione che nel censimento del 1936 risultava di 5226 abitanti, registrò, nel censimento del 1951, 6989 abitanti e in quello del 1961, 8602.L’incremento demografico e il miglioramento delle condizioni di vita, in seguito all’affermarsi della vita repubblicana e democratica, portarono un notevole aumento della frequenza dei corsi di Scuola Elementare, tanto che, l’edificio scolastico non fu più sufficiente e si ripiegò sul doppio turno, prima, sull’utilizzo di locali privati poi; anche la Scuola Media sebbene non ancora obbligatoria, ebbe un buon incremento.

Si cercò di combattere l’analfabetismo e il semianalfabetismo con l’incremento dei “Corsi di Scuola Popolare serale” per i giovani lavoratori e i “Corsi di Richiamo Scolastico” per coloro che erano in possesso della Licenza di Scuola Elementare e desideravano migliorare la propria cultura.

 

  Fonte: Memoria storica del nostro ‘900, di Michele Orsini