Ebbero un ruolo importante prima che si giungesse alla lavorazione del legno con le macchine; erano abili nel costruire mobili di varia foggia, per le attività commerciali, artigianali, per gli uffici, per le coppie che si sposavano e a volte rifornivano i mobilieri delle città. Il taglio delle tavole grezze, la squadratura, la piallatura, l’intarsiatura, l’incollatura, l’impellicciatura e la lucidatura venivano fatti tutti a mano.L’opera migliore degli ebanisti era la stanza da letto degli sposi costituita dal letto con sponde massicce, con vari intarsi, da due comodini detti “colonnette”, per contenere i vasi da notte, i lumi a petrolio o le candele, dal comò con i cassetti, lo specchio centrale e dall’armadio ad una o a tre ante con specchio; i mobili erano costruiti con legno di noce nostrano lucidati a mano.Anche i mobili della cucina erano opera dell’ebanista: la credenza, il tavolo da pranzo centrale allungabile, la “cristalliera” dove si esponevano i servizi migliori di tazze, piatti e bicchieri e le sedie. Per le coppie povere costruivano semplici mobili di legno comune sia per la cucina, sia per la stanza da letto.Tra i più anziani si ricordano gli ebanisti: Catucci Giuseppe, già in attività sin dalla fine del 1800, fu maestro degli ebanisti: Rocco Del Sole, V. Antonio, N. Giuseppe; Catucci Francesco che esercitò il mestiere dal 1910 al 1950, Gentile Egidio, Letizia Pietro, Letizia Domenico, mobiliere, dal 1928 al 1955; Letizia Francesco, Letizia Giovanni, Castiglia Raffaele, Montemurro Angelo, Favale … , Nigro A., Lorè Vito, Miale Cosimo, che fu anche organista presso la Chiesa Madre dell’Annunziata.

Alcuni dei suddetti falegnami lasciarono la libera attività e andarono a lavorare all’Arsenale militare di Taranto, ritenendo lo stipendio più remunerativo del libero guadagno.

 

 

  Fonte: Memoria storica del nostro ‘900, di Michele Orsini 

Fonte Foto: “Palagiano tra saperi e sapori”, Circolo Didattico Giovanni XXIII.