I braccianti, nella prima metà del secolo, erano molti. La loro attività si svolgeva massimamente nei campi, poco nelle piccole botteghe locali. Si diventava braccianti prestissimo, già dagli anni della Scuola Elementare. Sia i maschi, sia le donne delle famiglie numerose meno abbienti, venivano avviati al lavoro per assicurare la sopravvivenza delle proprie famiglie.Chi aveva appezzamenti di terreno in proprietà, in fitto o a mezzadria, aveva bisogno di operai e, quando l’aiuto dei figli non bastava, ricorreva ai braccianti.Costoro dovevano essere in grado di eseguire qualsiasi tipo di lavoro in campagna. Dovevano imparare presto a potare gli alberi e i vigneti, bacchiare le olive senza creare danni alla pianta, legare e caricare fascine, seminare cereali e legumi, raccogliere, piantare ortaggi, falciare col falcetto e col falcione, guidare animali al tiro dell’aratro o dei carri. Chi non aveva tali competenze lavorava solo in alcuni periodi particolari dell’anno ed era destinato ad una vita grama.I ragazzi, nel periodo della raccolta delle olive, si recavano negli oliveti dove già erano state raccolte, per cercare quelle sfuggite alle raccoglitrici e, se erano fortunati da riempire un cestino, le portavano al frantoio e le barattavano con un po’ d’olio.Altri andavano nel bosco del principe, raccoglievano i rami secchi, gli sterpi e le pigne, li bruciavano e ne ricavavano carbonella e carboni che vendevano, dal momento che, nelle case, non c’era alcun tipo di riscaldamento, all’infuori dello scaldino e del braciere. Altri si avventuravano alla ricerca di “funghi altare”, “la carne dei poveri” e, quando il quantitativo era abbondante, li vendevano. Era frequente, in autunno, vedere i figli dei braccianti andare in giro per le vie del paese con la sporta piena di funghi da vendere.Alcuni braccianti più industriosi, quando il lavoro scarseggiava, si improvvisavano cestai. Dalle paludi portavano le canne e i giunchi, li depositavano sul marciapiede di casa, li pulivano accuratamente, li tagliavano longitudinalmente e ne ricavavano fascette sottili da intrecciare per costruire cesti di ogni foggia per il trasporto delle merci. I più venduti erano i cestoni, “li cuufn”, per la raccolta del pomodoro e i cestelli per la raccolta delle olive.In primavera, quando non c’era lavoro, andavano a cavare “lambasciun”, nelle terre incolte del feudo, con la compiacenza dei guardiani e raccoglievano anche verdure selvatiche: cicorie, bietoline e cardi che vendevano per le strade.Oltre i nullatenenti confluivano nel bracciantato i possessori delle quote della “Comune”, di poche are ciascuna, i cui prodotti non potevano assicurare alle loro famiglie sostentamento per tutto l’anno; ne facevano parte anche i fittavoli, i mezzadri e i conduttori di piccoli appezzamenti di terreni.

 

 

 Fonte: Memoria storica del nostro ‘900, di Michele Orsini