Facevano contrasto con le abitazioni padronali, quelle della povera gente sparse nei rioni del paese.
Le abitazioni più vecchie, intorno al castello, nei vicoli: San Martino, Pisacane, Solferino, Poerio, via Castello, e quelle degli altri rioni antichi, erano quasi tutte a piano terra, con un solo locale nel quale, si mangiava, si dormiva, si conduceva la vita familiare; era diviso da una o più tende, per separare la zona letto dalla zona cucina e dai servizi igienici quasi inesistenti; uno stanzino ricavato in un angolo della casa serviva come bagno, dove erano posti: il vaso da notte di creta e il vasino di metallo smaltato o di creta; venivano usati specialmente dalle donne e dai bambini; gli uomini che andavano a lavorare la mattina, molto presto, defecavano all’aperto, alla periferia del paese, vera cloaca a cielo aperto.Non c’era parte della casa che non fosse sfruttata: in uno degli angoli attigui alla porta d’ingresso c’era il focolare rialzato con un ripiano per cuocere le vivande e, la parte sottostante, per riporre la legna.Il terrazzo serviva come deposito per la legna e per allevare conigli e galline. Sui cornicioni dei parapetti, d’estate, si seccavano al sole: fichi, pomodori, peperoni e conserve; in autunno si lasciavano curare, nella concia, le olive. Al terrazzo si accedeva dall’esterno con una scala di legno, essendo impossibile utilizzare gli esigui spazi interni per la costruzione della scala.Le derrate alimentari si riponevano in un ripiano sotto il soffitto ricavato poco al disotto della volta a cupola della casa: “lu sottalammj”, su cui si riponevano cereali e legumi; chi non disponeva di derrate lo utilizzava anche come posto letto per i figli.Nel Rione Terra il piano dell’abitazione era, di solito, al disotto del piano stradale anche oltre il metro; ciò consentiva all’abitazione di essere fresca d’estate e calda d’inverno.C’erano case così anguste che, a malapena, potevano contenere tre o quattro persone, tuttavia, specialmente all’inizio del nostro secolo, in quelle case, vivevano famiglie numerose dove convivevano promiscuità e povertà.Le case con qualche stanza in più servite di cisterna e pozzo nero, patrimonio del ceto medio agricolo e del terziario diventavano per molti meta da raggiungere.Le case degli agricoltori avevano anche una stanza adibita a stalla; il cavallo, l’asino o il mulo, sembrerà strano, erano parte integrante della famiglia, servivano per il lavoro dei campi e per il trasporto delle persone e delle merci. La vita igienica ne veniva a soffrire, scoppiavano malattie infettive: tifo, scabbia, malaria e tigna che si diffondevano rapidamente per il paese.
Fonte: Memoria storica del nostro ‘900, di Michele Orsini